Nessuno rinunci ai propri sogni
In una notte dell’agosto 2015 Yusra, a 17 anni, stava scappando dalla guerra in Siria, attraversando il mar Egeo su un gommone che poteva contenere solo 7 persone, ma a bordo ce n’erano 20. Dopo mezz’ora di navigazione, quando già erano al largo, il motore si è rotto e la barca ha iniziato a riempirsi d’acqua, andando alla deriva in alto mare. Sarah, la sorella di Yusra, l’aveva già messa in guardia: “Se succede qualcosa, non aiutare nessuno, pensa a salvare te.” Invece lei stessa si è tuffata in mare per spingere a nuoto la barca, ma non voleva che sua sorella facesse lo stesso. Voleva proteggerla. Yusra era spaventata, ma sapeva che la paura non l’avrebbe aiutata, sarebbe morta lì. Ha detto a se stessa di provarci, di dare tutto! E così è stato. Si è tuffata nel mare freddo, agitato e buio, in piena notte.
Insieme a Sarah e ad altre due persone (le uniche che sapessero nuotare), hanno spinto a nuoto il barcone che conteneva gli altri rifugiati, mentre a bordo tutti pregavano. Sapeva che la sua vita in quel momento dipendeva tutta dalla sua forza. Quando la fatica e il freddo la stavano estenuando, Yusra ha pensato: “Che strano! Siamo nuotatrici e potremmo morire mentre facciamo esattamente quello che ci riesce meglio.”
Ma non ha perso l’ironia nemmeno in quel momento: mentre nuotava, le persone a bordo la incoraggiavano dicendole: “Sei una ragazza davvero coraggiosa!”; lei ha risposto scherzando: “Sì, ma ora state zitti e lasciatemi sola!”. Ha trovato la forza di scherzare e sorridere, anche se sentiva che era quasi morta, perché sulla barca c’era un bimbo di sei anni terrorizzato e lei non voleva che percepisse che stavano per morire.
Hanno nuotato per più di tre ore, il corpo quasi paralizzato, allo stremo delle forze, fino all’isola di Lesbo, mettendo in salvo la loro vita e quella degli altri rifugiati.
“Ho perso tutto. Avevo solo una t-shirt e i jeans. Non avevo più nemmeno i miei infradito!”
Ma non ha perso il sorriso! Persino quando ricorda e racconta quei momenti di forte pericolo, scherza.
Dalla Grecia alla Germania, Yusra ha viaggiato per altri 25 giorni: prima a piedi o in bus, attraverso le montagne della Macedonia, poi superando gli sbarramenti della polizia in Serbia, oltrepassando i confini di Ungheria e finalmente in treno, attraverso l’Austria, fino alla Germania.
A un anno da questa impresa, ha partecipato alle Olimpiadi di Rio, gareggiando per la squadra dei rifugiati. Dopo essere arrivata prima nelle qualificazioni per i 100m farfalla, non è riuscita a superare le avversarie per andare in finale, alla fine si è qualificata 41a, ma ha esultato come se avesse vinto la medaglia d’oro.
Prima di partire per il Brasile, aveva detto: “Voglio rappresentare tutti i rifugiati, perché voglio mostrare a tutti che dopo il dolore e dopo la tempesta, vengono giorni di pace. Io voglio che nessuno rinunci ai propri sogni. Voglio che ognuno faccia quello che desidera nel cuore, persino quando è impossibile. Io desidero di poter dare speranza alla gente, di poterli ispirare … persino se hai perso qualcuno, persino se c’è la guerra, se hai perso la tua casa, tu devi continuare!
Il mio messaggio è: nessuno deve fermarsi a causa dei problemi, a causa di ciò che accade nella vita. Tutti possono fallire prima di avere successo. Quando hai un problema nella tua vita, non devi guardarti intorno e piangere come un bambino. E’ molto difficile per tutti. A volte, l’unica cosa che devi fare è andare oltre il problema, perché il problema forse può portarti verso tutto quello di cui hai bisogno, come è successo a me: il problema (la guerra) è stata la ragione per cui io ora sono qui, la ragione per cui sono più forte, e per cui voglio raggiungere i miei obiettivi. Spero che la nostra storia insegni che la vita non si ferma mai e che ognuno continui ad inseguire i propri sogni!”