Felicità… Ingannevole?
Siamo felici semplicemente perché “ci sentiamo così”, oppure per noi è importante sapere che “qualcosa di reale ci ha reso felici”?La felicità è tutta una emozione punto e basta (non importa come si presenti) oppure è anche un riconoscimento del bene, un’attestazione positiva di qualcosa di reale? E’ solo uno stato d’animo prodotto dalla nostra mente (o, dovremmo dire, dal nostro cervello?) o è una risposta della nostra mente a qualcosa di buono che ci accade? E’ tutta soggettiva o c’è anche qualcosa di oggettivo? E’ tutta nella mia mente o è un incontro della mia mente con qualcosa di buono “là fuori”?
Propongo una riflessione a partire da un passaggio dell’ultimo libro di Paul Bloomfield, docente di Filosofia all’Università del Connecticut:
“Indubbiamente si potrebbe dire che una vita trascorsa in uno stato d’animo soggettivamente soddisfatto sia in un certo senso una vita “felice”. Ma immagina di poter prendere una pillola, in questo momento, che ti faccia sentire felice, per quanto possibile, ogni giorno per il resto della tua vita; dopo averla presa avrai sempre quella sensazione di soddisfazione soggettiva che si suppone essere costitutiva della felicità. Avere perennemente sentimenti felici può sembrare desiderabile. Ma poi ti rendi conto che sarai in questo stesso stato d’animo buono, positivo, felice, indipendentemente da ciò che accade. Anche se una tragedia ti colpisse, se morisse una persona cara, o se la vita su metà del nostro pianeta fosse mostruosamente distrutta in una guerra o in qualche altro disastro, tu non ti sentiresti né peggio né meglio rispetto al giorno in cui avessi il tuo più grande successo o ti innamorassi. La pillola suona ancora così desiderabile?” (The Virtues of Happiness, 2014, pp. 51-52, traduzione mia).
Desideriamo essere abbracciati realmente e non solo provare “la sensazione di”; vogliamo essere stimati realmente e non solo “provare la sensazione di”; vogliamo superare un ostacolo o raggiungere un successo realmente e non solo “provare la sensazione di”…
E, se siamo costretti a scegliere, preferiamo una imperfezione reale a una perfezione falsa e artificiale.
In una cultura in cui tutto è diventato fiction, dove tutto è finzione, tutto è virtuale, tutto è soggettivo, tutto è intercambiabile e pericolosamente ingannevole… forse dovremmo ricordarcelo!
Un inganno non ci rende felici. E nemmeno un autoinganno! E nemmeno se va di moda ed è prodotto chimicamente o virtualmente, a buon prezzo, dalla multinazionale del momento.
Siamo fatti per stare nella realtà. Ed è alla realtà che noi poniamo la nostra domanda di felicità!
Come se ci fosse qualcosa di buono nella realtà stessa.
Come se ci attendessimo il bene dalla realtà stessa.
Ma anche, come se non potessimo fare a meno di amarla, la vita, così com’è, ancor prima di cercare di renderla migliore!
Come se sapessimo tutti, segretamente, che questa vita, la nostra vita, è così bella in sé, che val la pena anche di soffrire, pur di non rinunciarci!
(Mimmo Armiento)